Oggi vi racconto una storia al femminile, di gran lunga le storie che più amo raccontare. Sarà per il fatto che noi donne, quando abbiamo un’idea in testa e quando collaboriamo l’una al fianco dell’altra, siamo un uragano rosa di positività inarrestabile (d’altronde, gli uragani hanno nomi femminili … ci avete mai fatto caso?).
Qualche giorno fa mi sono fatta travolgere dalla dirompente portata innovativa di Freeda – Feel Free Around, app pensata da donne, per donne. L’obiettivo delle fondatrici Eleonora Gargiulo, psicologa napoletana, e Ilaria Zonda, designer di Varese, è infatti quello di mappare le aree urbane di Torino e Bologna per offrire alle utenti un quadro esaustivo sulle zone più sicure e quelle in cui prestare più attenzione. Da dove arrivano i dati? Proprio delle informazioni date dalle utenti stesse, unite in una compatta community. Un percorso costante di co -progettazione che, unito ai concetti chiave di impatto sociale ed emancipazione, fanno di Freeda un progetto in rosa molto speciale.
Ragazze, partiamo dall’inizio! Come e quando è nata Freeda?
Freeda sta per spegnere la sua prima candelina: l’idea di dare vita ad una app che potesse migliorare la sicurezza delle donne ha preso forma nel maggio 2016. Ai tempi lavoravamo in un laboratorio della Telecom all’interno del Politecnico di Torino come ricercatrici, e si può dire che la precarietà dell’occupazione ci ha dato l’input di svoltare e buttarci in un’avventura tutta nostra. Nel settembre 2016, dopo aver vinto un bando, abbiamo intrapreso un percorso di accelerazione a Bologna, e da lì il nostro progetto ha iniziato a diventare concreto.
In Freeda la co -progettazione è alla base di tutto. In cosa consiste?
Il cardine di Freeda è la progettazione dal basso. Non usiamo dati provenienti da organi ed istituzioni quali la Questura o altri uffici pubblici, bensì le recensioni della community, ritenendole più vicine al sentire comune e alla percezione femminile. Ogni iscritta può inserire il suo voto su uno o più luoghi della città, con diversi parametri di valutazione (Il posto è abbastanza illuminato? Hai ricevuto delle molestie verbali? La via è nascosta o di passaggio?), animando la piattaforma come se fosse un piccolo social network di utilità sociale. Attualmente la app è in beta, stiamo lavorando per averla su store entro la fine dell’anno. Per ora, chiunque lo desideri ha la possibilità di diventare tester, scrivendoci via mail o in posta Facebook: lo staff procederà alla creazione del profilo e all’inserimento nella community. La co-progettazione non vede solo il coinvolgimento dei privati; sono tante infatti le associazioni femminili con cui ci interfacciamo, sia a Torino –Lunethica, Hollaback– che a Bologna –Associazione Orlando, Biblioteca delle Donne– a dimostrare che l’unione fa davvero la forza.
Freeda è una realtà al femminile, ma il contributo maschile al progetto è altrettanto importante.
Assolutamente! Nel nostro team c’è un apporto maschile di primaria importanza rappresentato da Andrea Valenzano, la nostra quota azzurra, il nostro imprescindibile sviluppatore web. Inoltre, teniamo a specificare che benché la app sia rivolta alle donne, anche gli uomini possono accedervi ma verranno accolti dal messaggio “consiglia la app alle tue amiche!” proprio perché per noi è importante che il valore del progetto sia condiviso anche dalla popolazione maschile.
Siete arrivate in Impact Hub Torino da pochi mesi. Raccontateci la vostra esperienza come novelle Hubbers!
I primi contatti con i membri dell’Impact Hub torinese li abbiamo avuti qualche mese fa, nel corso dell’incontro che si è tenuto all’ex INCET il 14 gennaio. La sensazione è stata positiva: ci è piaciuto molto lo spirito Hubber, l’importanza data alla creazione di una rete e allo scambio di competenze, nonché il poter utilizzare la propria membership come passaporto verso tutti gli altri Impact Hub italiani ed esteri. Abbiamo già avuto modo di prendere contatti interessanti, ma siamo solo agli inizi…non vediamo l’ora di espandere le nostre conoscenze e creare collaborazioni all’interno della squadra!
Federica De Benedictis – Dire Fare Mole