#ImpactStories | Elia Bellussi ci racconta il Museo Piemontese dell’Informatica

Che rapporto avete con l’informatica?

Personalmente di odi et amo, come scrisse Catullo secoli e secoli fa. La mia naturale predisposizione alle lettere mi ha sempre resa refrattaria a numeri e codici. C’è un però, un enorme però. Senza l’informatica, non avrei mai aperto un blog e non avrei mai avuto la possibilità di percorrere l’incredibile strada che ho tracciato.

Strada che mi ha condotta alle #impactstories e alla conoscenza di bellissime realtà di impatto sociale come quella del MuPIn. Cos’è il MuPIn? L’ acronimo sta per Museo Piemontese dell’Informatica, e nasconde tutta la magia e l’amore di un progetto nato dalla mente brillante di un Hubber della prima ora. Lui è Elia Bellussi, e questa è la sua storia. D’ impatto!

Elia, raccontaci qualcosa di te e della tua formazione.

La mia formazione è ovviamente a base di…informatica! Una passione che ho sempre avuto e che sono riuscito ad approfondire negli anni dell’università; una passione che è diventata anche un lavoro, quello di consulente informatico per un’azienda di Torino, ed anche la spinta per realizzare un sogno. Quel sogno ha il nome di MuPIn – Museo Piemontese dell’Informatica, ed è una realtà dal 2011.

Il MuPIn, appunto. Come è nato e come si è sviluppato negli anni?

Come accennavo sopra, il MuPIn vede la luce nel 2011 grazie ad un gruppo di appassionati di storia dell’informatica e alla conseguente nascita dell’associazione culturale. Volevamo dare vita ad un museo anticonvenzionale abbandonando la mera staticità, la passività del visitatore, coinvolgendolo in prima persona in attività dinamiche. Accanto ad una parte didattica e conservativa, legata alla raccolta di pezzi storici e all’organizzazione dell’archivio, c’è infatti la possibilità per l’utente di provare ciò che è esposto.

Perché? Il motivo principale è individuabile nella volontà di abbattere le barriere e addentrarsi nell’evoluzione tecnologica, rendendo le persone consapevoli di quanto tutto ciò abbia influito positivamente sulla nostra vita quotidiana. Un progresso tangibile, i cui meccanismi sono meritevoli di approfondimento e conoscenza, con coscienza.

Gli articoli raccolti in questi anni, attraverso il contributo di privati, sono momentaneamente non esposti al pubblico, causa mancanza di sede. Purtroppo, il locale che li ospitava, a Moncalieri, è stato danneggiato nel corso dell’alluvione avvenuta lo scorso anno. Se qualcuno fosse a conoscenza di un luogo che potesse ospitarci, dandoci così la possibilità di rendere di nuovo visitabile la collezione, ci faccia sapere!

Parlavi della volontà di abbattere le barriere, di avvicinare il pubblico all’informatica rendendola familiare. Proprio per questo organizzi due eventi annuali con sede a Torino: l’Ada Day e A bit of [hi]story.

Esatto. Credo che l’organizzazione di eventi sia un ottimo metodo per avvicinare il grande pubblico alla storia dell’informatica, scrollandole di dosso quell’aria di austerità intaccabile e rendendola più umana, approcciabile anche da un neofita. Partiamo dall’Ada Day, evento internazionale che celebra l’universo femminile e i loro risultati raggiunti in campo scientifico che si tiene in autunno. Ideato nel 2009 in Inghilterra, l’Ada Day ricorda attraverso incontri e conferenze la figura di Ada Lovelace, figlia del famoso poeta britannico George Byron da cui però non ereditò il talento letterario. Ada era infatti dotata di grande ingegno in ambito tecnico e matematico, e grazie al suo lavoro sulla macchina analitica di Babbage è ricordata come la prima programmatrice di computer al mondo.

A bit of [hi]story è invece un vero e proprio salone, nato nel 2016 sulla scia di esposizioni di appassionati, i quali aderiscono alla manifestazione portando i loro pezzi. Quest’ anno si terrà nel week end del 13-14 maggio presso lo Spazio MFR, in zona Mirafiori; 10.000 metri quadri dedicati all’esposizione di calcolatori di rilevanza storica, ai laboratori per grandi e piccini, dal coding al riuso di materiale elettronico, alle conferenze con relatori italiani e stranieri. La kermesse, organizzata a livello volontario dall’associazione e dotata di patrocini istituzionali, è ad ingresso gratuito ed è inserita nel calendario della Settimana della Scienza.

Per concludere, so che sei un Hubber della prima ora. Cosa significa per te essere un membro di Impact Hub Torino?

Già, proprio così! Il mio primo incontro con il team torinese di Impact Hub risale al primo aperitivo organizzato in città: da lì sono stato ineluttabilmente travolto dalla loro carica innovativa e dallo spirito di collaborazione tipico di Impact Hub.

Non posso che essere grato a Marilù, Laura e agli altri ragazzi per il sostegno datomi per A bit of [hi]story, di cui Impact Hub Torino è media partner. La comunicazione è fondamentale per chi organizza eventi, e il loro aiuto e i loro consigli sono davvero preziosi per il progetto. Quindi che dire, vi aspettiamo il 13 e il 14 maggio allo Spazio MFR per mostrarvi quanto di bello abbiamo creato!

 

Federica De Benedictis – Dire Fare Mole